Articolo 9: Anonimato
In riferimento all'articolo 9, relativo all'anonimato, riteniamo di non dover apportare
sostanziali modifiche al testo di quest'ultimo per i motivi che andremo ad esplicare.
Ad una prima lettura potrebbe sembrare che l'articolo sia perlopiù abbozzato e carente
di quelle sfumature che conferiscono completezza ed incisività al testo normativo ma a
nostro parere è esattamente il contrario.
Ad un primo sguardo è già possibile rilevare come la Commissione per i diritti di Internet abbia, nella
stesura del testo provvisorio, previsto una suddivisione contenutistica evidenziata dalla presenza di tre
capoversi. Riteniamo sia opportuno tener fede alla necessità di suddivisione in commi dell’art. 9 per
questioni di chiarezza e semplificazione anche nell’eventualità di poter fare rimandi normativi più specifici
che ad esso si riferiscano. Ciò si rivelerebbe utile ma non è indispensabile, si tratta di un miglioramento che
sarebbe forse opportuno estendere all’intero corpus della Carta dei diritti. Tuttavia questa è stata da noi
rilevata come la soluzione che permetterebbe una lettura più agevole ai tecnici e una maggiore chiarezza
espositiva per i lettori o destinatari della medesima. Sembrerebbe opportuno porre al primo comma (come
già visto) la regola generale e al secondo comma e successivi le limitazioni di cui alla norma suddetta.
Procediamo dunque con l'analisi testuale, usando il metro delle proposizioni.
La prima frase:
“Ogni persona può comunicare in forma anonima per esercitare le libertà civili
e politiche senza subire discriminazioni o censure”.
Già dalle prime parole s'intuisce la portata garantista, universalistica e liberale
dell'articolo, visto anche nell'ottica di una panoramica dell'intero contenuto della Bozza.
Ogni persona non pone limiti all'autonomia privata, (la quale si declina in più forme
alcune delle quali esse specificate più avanti nel testo), ma non solo: alla scelta del
verbo può (3a singolare dal verbo potere) indica la più ampia libertà di discernimento
nella valutazione fra comunicare in forma anonima o personale, proprio prevedendo
conseguenze negative o, più verosimilmente discriminatorie, nell'esercizio di tale
diritto.
Ecco che, a sostenere la bontà dell'articolo, emergono dunque collegamenti molto forti
con il testo costituzionale.
Anzitutto l'articolo 3, il quale sancisce il principio di uguaglianza e non
discriminazione. Più precisamente, il primo comma di tale articolo è dedicato al
principio di uguaglianza formale ed all’enunciazione di una serie di divieti di
discriminazione mentre il 2° comma enuclea il principio dell’uguaglianza sostanziale.
Il principio dell’uguaglianza formale deve essere inteso come eguale soggezione di tutti
al diritto. Il nucleo forte del principio di uguaglianza è costituito dall’impossibilità per il
legislatore di operare distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche ecc.
Tale principio vuole prescrivere leggi generali ed astratte per evitare discriminazioni. E'
proprio a questi elementi di garanzia che fa riferimento la prima parte dell'articolo.
Al secondo comma, invece, il principio di uguaglianza sostanziale comporta l’impegno
dello Stato a creare le condizioni di eguaglianza sostanziale fra i cittadini, ovvero a
rimuovere gli ostacoli di natura economico-sociale che di fatto impediscono la
partecipazione dell’individuo alla vita del Paese.
Sotto questa luce è da leggersi l'intero articolo 9 dal momento che la possibilità di
manifestare il proprio pensiero in forma anonima altro non è che uno strumento con il
quale, indirettamente, lo Stato previene possibili discriminazioni, salvo restando i limiti
imposti a tale diritto, importanti garanzie derivanti dal principio di ragionevolezza ed
equilibrio, in fase di bilanciamento.
Sempre in riguardo alla prima proposizione dell'articolo, nel finale, vi è un riferimento
esplicito alla censura che ci consente di agganciare, laddove i legami con esso non
fossero ancora chiari agli occhi dei più, la portata dell'articolo 9 della Bozza all'articolo
19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, all'articolo 10 della CEDU e
all'articolo 21 della Costituzione Italiana.
Messi a sistema, gli articoli della Dichiarazione, della CEDU e della Costituzione,
costituiscono una forte e ampia garanzia della libertà di manifestazione del pensiero.
Analizzandoli nello specifico:
Art. 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo:
Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di
non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere
informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Art.10 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle
Libertà Fondamentali
Comma 1: Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la
libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza
che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di
frontiera.
Art. 21 della Costituzione:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
E' evidente che se da un lato l’anonimato debba essere disciplinato (e protetto), contemporaneamente
debba essere previsto e disposto (anche) il rimando alle tutele delle persone e di altri soggetti da parte
della legge. Così facciamo diretto riferimento a quello che vorremmo identificare come il comma 2
dell’articolo in questione:
“Limitazioni possono essere previste solo quando siano giustificate dall’esigenza di tutelare un interesse
pubblico e risultino necessarie, proporzionate, fondate sulla legge e nel rispetto dei caratteri propri di una
società democratica.”
Una letteratura vastissima e una giurisprudenza già consolidata ci permettono di dire che questa parte
dell’art. 9 sia ineliminabile. Essa sintetizza principi ineludibili e fondamentali per il riconoscimento ed il
pieno esercizio della personalità giuridica, come previsto dall’Art. 16 del “Patto internazionale relativo ai
diritti civili e politici” (Art. 16: “Ogni individuo ha diritto al riconoscimento in qualsiasi luogo della sua
personalità giuridica”) ne consegue che possono venire a collidere il pieno esercizio dei diritti (e dei doveri
di cui i soggetti sono titolari) e l’interesse pubblico, la cui preservazione e attuazione saranno in ogni caso
prevalenti rispetto agli interessi contrapposti. Chiaramente tali limitazioni devono rispondere al giusto
bilanciamento tra tutela del diritto all’anonimato e dei pubblici interessi eventualmente lesi nell’ambito
della rete.
Per questo il testo dell’art 9 è corretto, da esso si evince infatti che tali limitazioni debbano avere una
giustificazione giuridica (come l’art precisa in quello che vorremmo fosse il comma 3: “Nei casi previsti dalla
legge e con provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria l’autore di una comunicazione può essere
identificato quando sia necessario per garantire la dignità e i diritti di altre persone.”) così da permettere
l’intervento risolutore dell’autorità giudiziaria cui spetterà accertare le circostanze dell’avvenuta violazione
dei diritti dei soggetti coinvolti. Parimenti l’autorità potrà procedere all’identificazione dei soggetti
medesimi dovendo però motivare questa procedura con presupposti di fatto e ragioni giuridiche. Ad
ulteriore sostegno questi ultimi non sono ancora sufficienti ed è forte qui il richiamo all’art 4 della presente
Carta dei diritti di internet (e ai principi che sono stati già enunciati tramite esso e qui richiamati), come
quello di necessità, di proporzionalità, di legalità e di democraticità. Si tratta di principi generali cui
l’autorità in primis deve tener fede e che assicurano a tutti i fruitori della rete la certezza della tutela e il
rispetto di una procedura a norma di legge. Desumibile il rimando al principio di legalità e implicitamente
alla riserva di legge (assoluta) che nel nostro ordinamento riserva solo a norme primarie come quelle
costituzionali o ad atti avente forza di legge come i decreti quell’ordine garantistico di cui la materia ha
bisogno. A normare la quasi totalità degli aspetti afferenti al trattamento dei dati personali da parte delle
PP.AA. anche per quanto concerne l’anonimato è il D.lgs. 30/06/2003 n. 196 (Codice in materia di
protezione dei dati personali). Questo a dimostrazione del grande cambiamento in atto negli ultimi 20 anni
alla luce dell’avvento di internet e della presa di consapevolezza da parte del Legislatore che cambia la
società e anche il diritto deve adeguarsi al cambiamento. La Carta perciò si affianca alle leggi ma situandosi
su un diverso piano, facilitando il suo inserimento in un quadro normativo europeo ed internazionale
(gerarchicamente ordinato) al quale il nostro ordinamento giuridico si conforma (vd. L’Art 10 della
Costituzione). D’altra parte essa però si staglia per la modernità dei nuovi diritti che riconosce e delle
garanzie che ha pensato per gli utenti e utilizzatori di quello che a tutti gli effetti è uno dei luoghi
fondamentali della partecipazione al processo democratico attuale e futuro. Questo si lega a doppio filo
con gli artt 15 e 21 della Costituzione; nell’art 15 si afferma che la libertà e la segretezza della
corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili e la loro limitazione può avvenire
solo per mezzo di un atto motivato dall’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. Ciò trova un
ulteriore rinforzo nell’art. 21 che recita:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo
di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i
quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge
stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.”
Con la formula di “ogni altro mezzo di diffusione” la nostra Carta Costituzionale anticipa, in tempi
non sospetti, la possibilità di nuovi teatri di azione e realizzazione personale e politica nei quali siano
riconosciuti pienamente le libertà e i responsabili di eventuali violazioni. La “Convenzione per la
salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali” (CEDU) negli artt 8 (Diritto al rispetto
della vita privata e familiare) e 10 (Libertà di espressione) rafforzano i contenuti dei sopracitati artt della
Costituzione, questo vuole dimostrare come norme interne abbiano la portata di quelle presenti nell’Acquis
comunitario sotto diverse forme ma con gli stessi precetti e gli stessi fini. Riteniamo sia opportuno
aggiungere che ciò possa trovare una esplicazione ulteriore nell’art 19 della Dichiarazione Universale dei
Diritti dell’Uomo:
“Ogni individuo ha diritto alla libertà d'opinione e d'espressione, il che implica il diritto di non venir
disturbato a causa delle proprie opinioni e quello di cercare, ricevere e diffondere con qualunque mezzo di
espressione, senza considerazione di frontiere, le informazioni e le idee.”
Per poter esercitare pienamente i propri diritti e i doveri di cittadinanza abbiamo visto che i soggetti
devono essere liberi. In un ambito d’azione così sconfinato come quello della rete, come si può astrarre
dall’intera Dichiarazione dei diritti di internet, tracciare dei limiti è estremamente complicato e ciò non
è un qualcosa che ci si propone di fare. Sorge spontaneo di conseguenza chiedersi fino a dove arrivi la
libertà di esercizio del diritto all’anonimato, sia nell’accezione positiva che in quella negativa di libertà
(rispettivamente “libertà di…” e “libertà da…”); questo ricade nell’ambito dell’autodeterminazione dei
singoli e dell’ingerenza dannosa che questa può provocare nella sfera dei diritti altrui.
Ecco che in tal senso si può richiamare anche l’art. 24 della Costituzione che prevede che tutti possano
agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi poiché la difesa è diritto inviolabile.
La possibilità di fare valere le proprie ragioni di protezione personale nella sede opportuna.
E’ evidente che a problemi complessi rispondano soluzioni complesse ma l’art. in esame è stato concepito
in maniera talmente ordinata e completa da non richiedere modifiche di sorta né a favore di una
semplificazione linguistica né di una integrazione contenutistica. E’ sorprendente come già nella versione
di bozza esso risulti abbastanza generico tale da prestarsi alla sussunzione delle più disparate fattispecie
concrete ma al contempo abbastanza preciso da ricondurre ad una “ratio legis” rigida nel disegno della
tutela.
Per tutti i motivi che abbiamo analizzato e per molti altri si ritiene che l’art. 9 non necessiti di modifiche
atte a modificarne la collocazione all’interno della Dichiarazione né tantomeno a livello di contenuti, essa
è anzi perfettamente allineata rispetto alle norme internazionali e particolarmente pregevole per la sua
completezza ed esaustività.
Esistono esperienze a cui ispirarsi per raggiungere l'obiettivo? Tra le possibili soluzioni/iniziative già messe in atto, quali hanno raggiunto migliori risultati e quali peggiori? Perché?
Chi riceverà dei vantaggi e degli svantaggi dal raggiungimento dell'obbiettivo e dalle soluzioni proposte? Tali soggetti sono stati coinvolti nella discussione di questa proposta? In che modo?
Solution 1:
Descrivere la soluzione che, concretamente, si propone di adottare per raggiungere l'obiettivo.
Quando dovrà essere attuata questa soluzione? Individuare le eventuali fasi di attuazione.
Chi dovrà attuare o far attuare la soluzione? Come saranno monitorati e verificati, in caso di attuazione, gli esiti della soluzione?
Sono necessari fondi, volontari, strumenti, competenze specifiche per realizzare questa soluzione? Elencarli e quantificarli. Come saranno reperite tali risorse?
Questa soluzione soddisfa i requisiti etici del gruppo o della comunità a cui si rivolge? Qual'è il suo impatto sociale ed ambientale?
Elencare e riassumere i principali vantaggi e i punti di forza di questa soluzione. Indicare chi sono i soggetti interessati dai vantaggi.

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